Durante lo spettacolo dipingo dal vivo le immagini che la protagonista dipinge, pensa, sogna, da cui è tormentata.

Il lavoro è stato quello di concentrarsi sull’azione del dipingere più che sul dipinto, ossia sul “già dipinto”. La mente della pittrice è ricorsivamente intrappolata da immagini, per lei in effetti eterne, nel senso che sono immagini da cui lei non può più liberarsi. A più riprese dice di saper vedere, in realtà non credo affatto che possa vedere, ha gli occhi trafitti dai ricordi, quel che le esce è sempre un tentativo, un verbo, mai un sostantivo. Fallisce così anche il quadro che più la ossessiona, quello della ragazza sul divano, che è la ragazza che ha incontrato all’inizio della piece, ma anche il proprio autoritratto, ormai impossibile.

Per lo stile l’idea era quella di unire alcuni tratti infantili con una gestualità nervosa e di lavorare sulla separazione tra il segno e il colore. Mentre il segno rimane, seppur emotivo, in controllo e alla ricerca del figurativo, il colore, filmato utilizzando inchiostri a olio e a alcool su diversi tipi di carte, compie inesorabile il suo percorso, viene assorbito, si espande si mescola.

In un atmosfera monocroma per le immagini dipinte ho cercato un inizio con colori primari per poi tendere verso un palette di rossi, blu e viola, che venissero man mano mangiati dal nero, cercando un arco cromatico che partendo da un uso del colore energicamente infantile andasse incupendosi, ma in tinte accese.